Il governo delle mille contraddizioni: quanti errori (e quanta confusione), presidente Conte
“Anno bisesto, anno funesto”, dice il noto detto popolare. Come spesso e volentieri accade, i proverbi ci azzeccano: questo 2020 bisestile che sta sparando le sue ultime cartucce è stato un annus horribilis. La pandemia di Covid-19 ha travolto e sconvolto il mondo e chissà quando e come ne usciremo. “Ne usciremo migliori” dicevano all’inizio dell’incubo. Tra i tanti a dirlo c’era anche il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, che a più riprese, in occasione delle sue tante-troppe dirette televisive, ha ripetuto come un disco rotto l’ottimistico mantra. “Sono convinto che si uscirà migliori da questa crisi”. Convinto lui…
Ne usciremo migliori? Abbiamo i nostri dubbi. Basta andarsi a leggere i dati sull’economia per avere il polso della situazione. E sudare freddo. Sembra che chi siede a Roma non abbia idea – e non è certo la prima volta che si ha questa impressione – dello stato di salute del Paese reale. Il Prodotto interno lordo è in sofferenza (eufemismo), la disoccupazione è risalita e risalirà (quando verranno sbloccati i licenziamenti a marzo) e solamente nel mondo dei pubblici esercizi la stima è di 60mila imprese destinate al fallimento e di 300mila posti a rischio. Un bagno di sangue.
È stato un anno di paura. Per timore del coronavirus (quasi 63mila, ad oggi, le vittime causa Sars-CoV-2) gli italiani hanno accettato di barricarsi in casa per oltre due mesi in primavera per poi tornare a vivere e lavorare d’estate. Nel mentre, però, i giallorossi sono stato quasi più impegnati a litigare tra di loro che a programmare una riapertura e una ripartenza sensata. E infatti, tanto inspiegabilmente quanto drammaticamente, l’Italia si è fatta trovare impreparata dall’annunciata seconda ondata. Come è stato possibile? Governo e Comitato tecnico scientifico non ce l’hanno ancora spiegato.
È stato un anno di perdite, umane ed economiche. Le rinunce e i sacrifici di mesi sono stati gettati alle ortiche e il Belpaese è di fatto tornato in lockdown con l’inizio dell’autunno. “Chiudiamo ora per riaprire a Natale”, ci hanno assicurato i nostri governanti. “Dobbiamo salvare il Natale”, hanno aggiunto. E ora, che ci ritroviamo sotto le feste, ci sentiamo dire dal premier che il Natale deve essere sobrio e quasi solitario visto che è “un momento di raccoglimento spirituale, in tanti non viene bene”.
Ma non è finita qui. L’esecutivo ha vietato gli spostamenti tra i comuni nei giorni Natale e a Capodanno. Qual è il senso di questa misura? A Roma ci si può spostare liberamente percorrendo decine e decine di chilometri – vista la vastità del comune capitolino – mentre tra comuni confinanti è severamente vietato? Che sciocchezza. E infatti Conte & Co. stanno facendo (malamente) retromarcia, aprendo alla possibilità consentire gli spostamenti all’interno della propria provincia e tra i comuni, ma – tenetevi forte – solo quelli sotto i cinquemila abitanti. Il risultato? Caos su caos, nuove disparità e nuovi strani divieti difficili da digerire. Perché la misura ormai è colma.
È stato un anno di confusione governativa. Errori, contraddizioni, giravolte e retromarce. Una linea chiara e dritta non si è mai vista. Speriamo allora che il 2021 porti con sé il ritorno alla lucidità, alla chiarezza e alla normalità. Insomma, speriamo che il 2021 porti un nuovo governo.